La famiglia Moskat di Isaac Bashevis Singer 1950
Nel 1945, a guerra finita, Singer iniziò a pubblicare in Yiddish a puntate La famiglia Moskat (da novembre 1945 a maggio 1948). Il romanzo venne anche letto per radio, e ebbe un discreto successo nella comunità ebraica di New York. Fu pubblicato per la prima volta da Alfred A. Knopf in inglese nel 1950 con la traduzione di Abraham e Nancy Gross.
Il romanzo racconta la storia della famiglia del vecchio patriarca Meshulam Moskat che attraversa gli anni che dalla fine del XX secolo arrivano fino alla Seconda Guerra Mondiale e alla “soluzione finale” messa in atto dal regime nazista.
Il vero protagonista di questo possente romanzo è l’Ostjudentum, la società ebraico-orientale – in particolare quella di Varsavia – con la sua complessa e densa cultura. Nel racconto di Singer la ricchezza immensa di quella civiltà rivive, con minuzia realistica e visionaria, col respiro delle vicende private e il soffio della storia. Magistrale affresco di un periodo cruciale della storia europea, “La famiglia Moskat” è una delle più alte testimonianze di quel mondo che scomparve tra gli orrori dell’Olocausto.
Non risparmia nessuno Singer, di tutti mette in risalto i difetti e i vizi, ma lo fa senza alcun intento moralistico, anzi quasi con indulgenza. È per questo che il lettore non è mai portato a condannare gli eccessi di Abram, pronto a soddisfare le sue improvvise e accese passioni, al punto da ignorare il principio del bene e del male, così come è indulgente verso le debolezze di Asa Heshel. Forse il personaggio verso il quale Singer è più spietato è Koppel, di cui mette in rilievo la grossolanità e la disonestà.
È certamente Asa Heshel, il personaggio più significativo, per ciò che egli rappresenta nella comunità ebraica di quel tempo e di quei luoghi.
Egli è l’intellettuale che non riesce tuttavia a completare alcun progetto iniziato. Egli in un certo modo si compiace della sua infelicità e della sua incapacità di amare, pur amando appassionatamente. La sua condizione è la condizione stessa dell’ebreo prigioniero delle sue incertezze. Ciò che per altri rappresenta una speranza per Asa Heshel è solo un’illusione. Egli è dunque l’uomo singolo e parte d’una collettività a un tempo. Il suo destino non può essere che assistere al totale sconvolgimento del suo mondo, all’annientamento e alla distruzione dei valori che gli erano appartenuti. Se la nostalgia del passato per altri autori di religione ebraica di provenienza mitteleuropea derivava dal rimpianto d’un ordine e di un’armonia perdute, per Singer il passato non ha in sé nulla di mitico. La morte è totale.
L’ultima frase pronunciata da Hertz Yanovar è emblematica: “Il Messia verrà presto.” […] “La morte è il Messia. Questa è la verità.”