Il fascino unico dei bauli da viaggio
Quando in negozio esponiamo bauli da viaggio è impossibile non essere trasportati indietro nel tempo, nei secoli XIX e XX, anni animati da esploratori, missionari e diplomatici che per un motivo o per l’altro salpavano verso mete lontane e sconosciute…
Nati inizialmente come semplici casse di legno con rivestimento in pelle, spesso grigie, pian piano hanno iniziato ad essere personalizzate.
Sono nati così bauli di tutte le forme, materiali e misure, in base al tipo di viaggio che dovevano affrontare. Viaggiavano in carrozza o sulle navi, dividendosi in più categorie e misure.
A Cambiago oggi possiamo sognare circondati da cappelliere, beauty case e bauli della Maison Louis Vuitton.
Non è un caso se l’incredibile storia di Louis Vuitton affonda le sue radici nel XIX secolo. Fu forse con il medesimo spirito d’avventura che il giovanissimo Louis Vuitton lasciò il suo paese natale per recarsi a Parigi ed imparare un mestiere. Determinato ed intraprendente, si formò come apprendista imballatore presso Monsieur Marechal, il maggiore fabbricante di valigie all’epoca. Non passò molto tempo prima che il giovane fu in grado di mettersi in proprio.
Attentissimo alle esigenze dei clienti, Louis Vuitton comprese subito l’importanza della creatività nel suo settore.
Certo, un baule da viaggio è un oggetto che nasce con scopi utilitari, ma si può forse pensare che un funzionario del governo in partenza per qualche remoto angolo del mondo possa avere le stesse necessità di una giovane donna in procinto di partire per il viaggio di nozze?
La grande personalizzazione che Louis Vuitton offriva ai suoi clienti fu forse la chiave del suo sbalorditivo successo.
Lo zelo nel cercare una soluzione su misura per ogni cliente era (e si è mantenuto negli anni) un aspetto imprescindibile che ha permesso di soddisfare al contempo avventurieri, imperatrici, artisti, maharaja e comuni mortali. Questo comportava un lavoro di ricerca e di innovazione costante.
Sul finire dell’800 il dominio coloniale francese era al suo apice; risale a questo periodo il baule studiato da Louis Vuitton appositamente per militari, insegnanti, funzionari o civili in partenza per le colonie.
Realizzato in zinco, questo baule era ermetico ed impermeabile, l’ideale per proteggere i propri averi da umidità, caldo e polvere. Gli interni venivano realizzati in canfora, legno naturalmente profumato che proteggeva gli indumenti dagli insetti. Inoltre nel 1886, insieme al figlio Georges, Louis Vuitton aveva brevettato la “tumbler lock” un innovativo sistema di chiusura a cinque tamburi a molla, una serratura a prova di ladri.
Questi bauli erano il non plus ultra in fatto di solidità e di sicurezza… A volte però questo non era sufficiente: alcuni modelli venivano arricchiti con scompartimenti e cassetti segreti per documenti riservatissimi.
Emblematico il caso dello sfortunato Pietro Savorgnan di Brazzà, morto (forse per avvelenamento) dopo aver redatto un rapporto di denuncia sui soprusi e le irregolarità perpetrati in Congo. L’esploratore di origine friulana non riuscì a fare ritorno dalla missione, il suo baule Louis Vuitton contenente il rapporto fatale fu confiscato dal Ministero delle Colonie e non se ne seppe più nulla.
Accantonando misteri e cospirazioni legati a torbidi intrighi internazionali passiamo in rassegna altri bauli interessanti: il baule “Aéro” progettato per i viaggi in mongolfiera, ad esempio. La sua réclame recitava: “Perché pagare le eccedenze del bagaglio quando esistono meravigliosi bauli che a pieno carico non raggiungono i 30 chili?” Le limitazioni sul peso del bagaglio erano un seccante problema già allora e la Louis Vuitton era molto attenta a semplificare la vita ai suoi clienti. Inoltre la Maison assicurava che il baule Aéro fosse “inaffondabile” un vero salvavita in caso di una malaugurata caduta in mare!
A bordo dei popolarissimi transatlantici ogni passeggero aveva diritto a ben 200 chili di bagaglio in stiva; in cabina però gli spazi erano ridotti. Gli “Steamer Trunks” erano capienti ma non superavano i 33 cm di altezza, si potevano comodamente riporre sotto il letto per non creare ingombro.
Louis Vuitton ed i suoi discendenti crearono bauli per le più importanti personalità dei loro tempi.
Il celebre Nadar, cliente affezionato, usava i bauli durante i suoi viaggi in mongolfiera per trasportare la sua apparecchiatura fotografica. Ernest Hemingway commissionò la sua biblioteca portatile, il “library trunk”, la stilista Jeanne Lanvin fece realizzare un baule-necessaire composto da ben sessanta accessori in avorio con le sue iniziali incise sopra. Non c’era limite a ciò che la Maison Vuitton potesse fare per accontentare i capricci dei suoi clienti: bauli con letto incorporato, bauli con scrittoio, bauli da pic-nic, bauli per trasportare quadri, bauli su misura per contenere i 29 volumi dell’Enciclopedia Britannica (ne vennero prodotti 1000 esemplari), e così via.
Agli esordi Louis Vuitton usò il “Grey Trianon” per rivestire i suoi prodotti, una tela cerata impermeabile di cotone grigio. Nel 1872, decise di introdurre un motivo a righe rosse e beige, per identificare i suoi bauli e difendersi dalle imitazioni. In seguito il figlio Georges ideò prima il “Damier”, un motivo a scacchi beige e marrone, e poi l’iconico Monogram Louis Vuitton.
Ogni baule era ulteriormente personalizzato dai clienti. I simboli identificativi più comuni erano fasce colorate, numeri, iniziali del proprietario e blasone famigliare (per chi era di nobili natali). Teniamo presente che chi recuperava nella stiva i bauli spesso non sapeva leggere, ma era necessario che potesse consegnarli al legittimo proprietà.
Nel corso dei viaggi i bauli si ricoprivano di ammaccature, graffi, timbri doganali, etichette di spedizione e targhette… Tutti segni che contribuivano ad aumentarne il fascino, rendendoli testimoni unici di indimenticabili avventure.